Dopo le brutte notizie riguardanti la crescita italiana del terzo trimestre (azzerata per colpa della bassa produzione industriale), ieri abbiamo appreso che la Germania ha addirittura segnato un trimestre di contrazione a meno 0,2%. Naturalmente tutti gli osservatori di mercato si sono affrettati a giustificare questa brutta performance con il fatto, del tutto episodico, che le fabbriche automobilistiche hanno dovuto fermare la produzione in settembre per adeguarsi ai nuovi standard richiesti dalla legge. Vero, ma a questo punto un cospicuo rimbalzo nella crescita, in questo trimestre, è diventato d’obbligo per fugare i dubbi di un rallentamento duraturo.
La stessa brutta statistica è uscita in Giappone: -0,3% trimestre su trimestre. Anche qui spiegazioni a non finire su eventi atmosferici colpevoli di rallentamento e altre ragioni congiunturali. In sostanza l’unico paese che nel terzo trimestre non ha deluso è stato ancora una volta l’America, che rimane a questo punto l’ultimo baluardo verso un rallentamento globale (perlomeno nella mente degli operatori di mercato).
In effetti i mercati si sono già portati avanti e, dopo la brutta performance di ottobre, ci troviamo nella spiacevole situazione in cui l’89% degli asset mondiali (borse, tassi, valute, materie prime) è negativa dall’inizio dell’anno, una circostanza che non si verificava più fin dal 1901. La borsa americana è l’unica che è riuscita a sfuggire a questo destino, anche se per un misero + 2% (naturalmente a cambio escluso).
In questo mondo di negatività diffusa basta anche solo la speranza che qualcosa si risolva nella maniera giusta per influenzare i listini di borsa europei. Negli ultimi giorni, nonostante le “brutte” notizie citate — e a fronte di una situazione politica italiana che non accenna a migliorare — la borsa europea si è comportata in modo dignitoso e, per una volta, meglio di quella americana.
La speranza è che si chiuda il deal Brexit, con un voto favorevole del parlamento inglese alla proposta dei commissari europei. Se il voto sarà invece negativo, tornerà un pessimismo diffuso, con la possibilità che il dollaro rompa il recente trading range andando verso un ulteriore apprezzamento.
L’Italia ha risposto ai rilievi della commissione Europea senza praticamente avallare alcuna variazione alla manovra economica. La risposta dell’Europa, prevista per il 21 novembre, con ogni probabilità conterrà la notifica di procedura d’infrazione a nostro carico. L’unica incertezza è se la procedura sarà veloce, con sanzioni proposte in primavera, o lenta, con la decisione finale demandata alla prossima commissione, quella che verrà eletta con il voto di maggio 2019. Come già detto altre volte, le brutte notizie sembrano già incorporate nello spread, perlomeno fino all’anno nuovo, quando le nuove informazioni sulla crescita e le aste di nuovi titoli di inizio anno potrebbero di nuovo innervosire il mercato.
Pertanto la lettura seppur non positiva è di non farsi mai prendere dal pessimismo o dal panico e ricordarsi che da ogni incertezza nascono grandi opportunità.
Vi ricordo anche un articolo di FINANZA COMPORTAMENTALE utile per TUTTI i vostri investimenti (quindi a prescindere dagli asset che avete con noi in Azimut), ossia che nonostante le grandi oscillazioni del mercato, per non perdere in Finanza o si compra ad ogni ribasso o basta rimanere investiti e quindi non vendere (se si ha qualcosa di Valore in Portafoglio chiaramente). (vedi corriere economia – 2016)
MERCATI: L’Economia del Corriere evidenzia come la salita dello spread abbia iniziato a fare sentire i suoi effetti su chi è intenzionato a stipulare o cambiare un mutuo, trend che gli operatori ritengono in crescita nei prossimi mesi se Btp e conti pubblici non cambieranno rotta. Come riferisce Milano Finanza, oggi il ministero dell’Economia e delle Finanze emetterà la 14esima edizione del Btp Italia, con una durata di 4 anni e cedola semestrale calcolata in base all’inflazione italiana registrata nel periodo. La lettura decennale dell’Osservatorio Aub, riportata da L’Economia del Corriere, sottolinea il ruolo fondamentale delle imprese familiari all’interno del tessuto economico, sociale e culturale del nostro Paese. Tra i topic emersi la necessità per le imprese italiane di aumentare la loro dimensione, incrementare la presenza internazionale, aprire l’organizzazione a manager qualificati. Si evidenzia inoltre il raddoppio della leadership collegiale: sempre più spesso passaggi generazionali in corso, dove il più anziano assume una funzione quasi da tutor di chi prenderà il suo posto.